KR46M0: tra le bare di Cutro

KR46M0. È la sigla segnata su una delle 65 bare nelle quali riposano i resti dei naufraghi morti domenica sulla spiaggia di Steccato di Cutro.

La combinazione di lettere e numeri racconta che in quella bara bianca riposa la vittima numero 46. Lo zero, alla fine, ci dice che si tratta di un bambino di pochi mesi, che non ha compiuto nemmeno il primo anno di età.

Su alcune bare c’è il nome, l’unica espressione di dignità possibile, concessa a chi è deceduto nella legittima corsa verso la libertà, con in tasca il desiderio di una felicità tanto agognata.

Per gli altri, solo lettere e numeri. Impossibile risalire all’identità e alla storia di queste persone.

La meraviglia della loro storia, la loro vita, quello che sono stati, il loro nome lo pronunceranno a quel Dio che incontreranno in paradiso.

Quello che avrebbero potuto essere e che non saranno mai, dovrebbero raccontarlo ogni giorno agli uomini, alle istituzioni, all’opulento Occidente che, oggi, piange le vittime della strage e, domani, sarà già capace di dimenticare tragedie come questa.

Che poi, vittime senza nome sono anche più semplici da lasciare andare nei rassicuranti meandri dell’oblio.

Non sia così. Di nuovo. È la supplica che innalziamo a Dio.
È la preghiera che rivolgiamo agli uomini.

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