Chiedete ai vostri figli, ai vostri nipoti cosa sanno di Giovanni Falcone. Le loro risposte saranno la prova di quanto la azioni, gli eventi, le iniziative, in questi anni, per trasmettere il germoglio della memoria, siano state efficaci.
E semmai doveste trovarvi nella situazione di raccontare la storia del magistrato palermitano, permetteteci di suggerire questo:
Non un eroe. Non un superuomo. Non un giudice antimafia.
Giovanni Falcone era un uomo. Appassionato. Attento. Desideroso di fare bene ciò che era chiamato a compiere nella sua quotidianità.
La memoria a consumo, quella che ricorre soltanto nelle date segnate in rosso del calendario civile, serve solo in parte a tramandare il ricordo e la testimonianza di uomini come Giovanni Falcone.
In queste occasioni, siamo soliti celebrare i vivi che ricordano, più che metterci in ascolto del sacrificio di chi adesso non c’è più.
Le vittime di mafia a noi piace ricordarle nell’impegno quotidiano: è facendo bene quello che siamo chiamati a fare, ogni giorno, che impariamo a riconoscerci uomini e donne, solo, semplicemente, uomini e donne chiamati a vivere pienamente il nostro contesto, interessati a migliorare quel pezzo di mondo che ci è stato affidato.
Capaci di ricordare.
Oltre il gioco di parole. Oltre le apparenze.
Un atto di coraggio che inizia dal cambiare se stessi, il proprio modo di pensare e agire.
Oltre le etichette.