Povertà e Risorse
Osservare le dinamiche sociologiche e i processi che trasformano le nostre città, i luoghi in cui spesso vivono i poveri e i fattori scatenati il disagio, ci pone in una condizione di vantaggio nell’azione di contrasto alla povertà. Senza volerci sostituire ai professionisti e agli studiosi della materia, ma i dati che emergono dalla lettura del contesto di riferimento ci aiutano ad individuare con particolare precisione, le modalità più adeguate ad aiutare un fratello in difficoltà.
E l’osservazione, quando è interessata al bene dell’altro, non può prescindere dall’abitare gli spazi che si intende conoscere a fondo. Per anni, ad esempio, abbiamo scelto di abitare la stazione di una grande città della nostra diocesi. Lo abbiamo fatto con gli strumenti che avevamo a disposizione e ponendoci, inizialmente, come ospiti in una casa che non ci apparteneva. Rispettare chi, in quella stazione, trascorreva le sue notti ha significato per noi vivere con delicatezza quei luoghi e provare, in punta di piedi, ad entrare in relazione con le persone che, in maniera del tutto precaria, occupavano quello spazio.
Nomi, volti e persone
Abbiamo conosciuto i nomi e le storie di tutti e, nell’ottica di uno scambio alla pari, ci siamo messi in gioco lasciando che anche quelle persone potessero conoscere il nostro vissuto. Quel lento processo di scrupolosa osservazione, di condivisione degli spazi e di incontro autentico ci ha permesso di intervenire in maniera efficace con donne e uomini che, ancora oggi, continuano a camminare insieme a noi, in forme completamente nuove e impossibili da prevedere in partenza.
Oltre le analisi, i dati e i numeri che lentamente raccoglievamo, non abbiamo mai smesso di guardare ai volti delle persone che volevamo aiutare. Quelli che, sui testi o nei rapporti, vengono definiti “clochard” o “senza fissa dimora”, per noi hanno avuto fin da subito un nome da pronunciare e occhi da guardare con intensità.
E questa stessa intenzionalità caratterizza l’Osservatorio delle Povertà che stiamo presentando. Uno strumento prezioso che rischia di dissolvere il suo valore intrinseco se si perde di vista, non solo il perché lo stiamo redigendo, ma soprattutto il “per chi” è importante realizzarlo.


Osservare la povertà per superare le povertà
I soggetti destinatari di ogni nostro agire sono persone che incontriamo spesso in una fase complessa della loro esistenza. Sono quei figli di Dio finiti, per ragioni che anche questo testo ci aiuterà a rintracciare, ai margini della società.
Parleremmo di barboni, di prostitute, di immigrati, di mendicanti se solo non disprezzassimo l’inflazionato utilizzo di quelle etichette che determinano lo smarrimento dell’umanità dei singoli e configurano la persona con il suo problema.
Superiamo, anche in questo caso, il pericolo di finire per incasellare la realtà nelle limitate categorie del nostro pensiero e scegliamo di raccontare il drammatico fenomeno della povertà da un punto di vista particolare: quello di chi ha scelto di vivere accanto a l’uomo, di condividerne i limiti e le risorse. Lo facciamo senza mai dimenticare i nomi dei nostri ospiti, le belle relazioni che, insieme a loro, abbiamo lentamente intessuto e le potenzialità di riscatto che ciascuno porta con sé.
È l’unico modo che ci consente di attivare quei processi educativi capaci di provocare delle vere e proprie trasfigurazioni.
Guardare i poveri da vicino, abitare le ferite che caratterizzano la loro esistenza, annunciare la certezza che finanche i sepolcri possano contenere i segni della risurrezione è ciò che muove la comunità cristiana a credere ancora che educare ad una vita buona sia la chiave per vivere una trasfigurazione continua.

L'abitudine gioca brutti scherzi
e rischia di isolarci dal rumore che continua a fare la povertà. In Italia,
cinque milioni di persone vivono in uno stato di povertà assoluta e no,
non lo possiamo sopportare.@CaritasAversa Tweet